17 aprile 2024

Il 59% in più di posti di lavoro in due anni: la bella realtà delle startup italiane

Un report testimonia la crescita dal punto di vista occupazionale offerta dalle giovani realtà imprenditoriali finanziate

Autore: Germano Longo
Malgrado quelli che stiamo attraversando siano anni difficili e avari di opportunità, c’è una nicchia in forte fermento, ed è un ottimo segnale per l’ecosistema economico italiano. È quello dove si agitano “startup” e “scaleup”, le prime neo-aziende con fatturati ancora minimi, le seconde una categoria ancora più ristretta di aziende ad alto valore innovativo contraddistinte da una forte fase di crescita in termini di dimensioni, fatturato e investimenti.

Una sorta di “nursery” economica che fra il 2020 e il 2022 ha messo insieme una crescita dei posti di lavoro del 59% (passando da 9.640 a 15.300), con un tasso medio annuale del 26,2% e l’80% dei posti di lavoro generato dalle startup. Anche se, guardando con attenzione, il 50% degli stessi nel 2022 riconduce proprio alle scaleup.

Sono i dati, molto in sintesi, che emergono da “Startup, scaleup e occupazione in Italia: impatto e trend”, una ricerca realizzata dagli Osservatori Startup Hi-tech e Startup Thinking del Politecnico di Milano per “Italian Tech Alliance”, associazione italiana di Venture Capital che rappresenta la fotografia delle startup italiane viste sotto il profilo dell’occupazione che sono in grado di generare, a tutto vantaggio del sistema Paese. “Le startup non sono soltanto imprese giovani, ma si confermano come uno dei principali motori dell’economia del nostro Paese, capaci di dare un contributo significativo alla creazione di nuovi posti di lavoro - ha commentato Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance - la presenza di un sano e dinamico ecosistema di startup è garanzia fondamentale da una parte di vitalità del tessuto produttivo e dall’altra della creazione di opportunità professionali all’altezza per tanti potenziali professionisti che troppo spesso nel nostro Paese sono costretti ad emigrare”.

Un rapporto assai dettagliato da cui risulta che confrontando il tasso medio annuale di crescita dei dipendenti con quello di Pmi e grandi aziende, se è vero che queste si mantengono su livelli superiori come numero di nuovi posti di lavoro netti generati, le startup conservano il primato nel tasso di crescita sia su grandi che piccole e medie aziende, attestato rispettivamente al 4,3%, 3,2% e 6%, quindi largamente a favore delle startup.

Non basta ancora, perché risulta chiaro anche che le startup destinatarie di un round di finanziamento “Late stage”, ovvero superiore a 15 milioni di euro, hanno saputo sfruttare l’opportunità facendo registrare una crescita superiore rispetto alle aziende che hanno ricevuto round di finanziamenti inferiori. In pratica, la media dei dipendenti delle startup cresce in base al capitale raccolto: se nella fase embrionale di Pre-Seed i dipendenti nel 2022 erano in media 7,3 (+24% rispetto al 2021) e 14, 1 in fase “Seed (+28% sul 2021), già nella “Serie A” della capitalizzazione la crescita si attestava sul 36,6 (+15% rispetto al 2021), fino ad arrivare ai 79,3 delle startup giunte alla fase del consolidamento “Late stage” (+ 34% sul 2021).

Una fonte da cui sgorgano nuovi posti di lavoro quindi, ma che per contro finisce per imbattersi nell’estrema difficoltà nella ricerca di figure con competenze tecniche soprattutto informatiche, scontando anche e soprattutto la mancanza di personale in ambito manageriale e commerciale con competenze o background tecnico e tecnologico, che spesso diventa più semplice individuare all’estero. Al momento, oltre ad emergere che il 30% dei collaboratori delle scaleup è donna, con la presenza femminile nettamente in crescita rispetto al 24% 2020, l’82% dei dipendenti ha una laurea triennale, il 70% un background tecnico-scientifico, il 18% economico-manageriale e il 12% di tipo umanistico.

Dati dimostrati dal più recente report del DESI (Digital Economy and Society Index), riferito al 2022, dove l’Italia è costretta al di sotto della media UE riguardo alla presenza di specialisti ICT (Information and Communication Technologies), con il dato più basso di tutta Europa di laureati nelle tecnologie legate ai sistemi integrati di telecomunicazione, informatica, tecnologie audio-video e software.

Difficoltà di reclutamento che diventano un rammarico, visto che il report si chiude facendo i conti in tasca alle startup, in cui lo stipendio medio lordo entry level è di 27.700 euro, con in più una particolare predilezione verso i contratti a tempo indeterminato (86% del totale), con l’aggiunta di un coinvolgimento diretto nell’azionariato dei dipendenti, con il 94% delle scaleup disposta a mettere sul piatto quote di partecipazione azionaria, offerte per il 31% all’intera popolazione aziendale contro il 63% che preferisce riservarlo al solo management.
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